mercoledì 12 settembre 2012

Sheryl Crow crede che il suo tumore cerebrale sia causato dall’uso del cellulare


 
La cantante americana Sheryl Crow, nota anche per essere stata la compagna del campione del ciclismo Lance Armostrong, ha dichiarato ospite al talk show televisivo "Katie", condotto da Katie Couric, di ritenere che il tumore benigno che l’ha colpita, un meningioma, sarebbe stato causato dall’uso frequente del cellulare, spiegando però anche che la sua ipotesi non è stata confermata da alcun medico.

La notizia ha fatto il giro del mondo e rappresenta un’occasione preziosa per osservare in che modo i media trattano una verità tanto scomoda per gli inserzionisti pubblicitari, cioè per quel settore dell’industria delle telecomunicazioni - gestori delle reti e venditori di dispositivi mobili – che rappresenta i maggiori acquirenti degli spazi pubblicitari sui mezzi di comunicazione.

Un articolo di Rachael Rettner su My Health News Daily, ripreso dalle notizie di Yahoo,[1] per esempio, commento la dichiarazione della Crow con l’opinione di un esperto, il Dr. Michael Schulder, vice capo del dipartimento di Chirurgia dell’Istituto di Neuroscienze Cushing nel Manhasset, N.Y., secondo il quale “Non ci sono prove conclusive che i cellulari causano tumori al cervello” e che “non ci sono ragioni di pensare che ci possa essere una causa esterna” per il meningioma della Crow.

Lo stesso articolo cita anche la posizione dell’Istituto Nazionale per il Cancro (NCI) secondo il quale i cellulari emettono un’energia a radiofrequenza che, a differenza delle radiazioni ionizzanti, non causano un danno al DNA, che è la caratteristica di base per attribuire una classificazione di cancerogenicità ad un agente ambientale.

Segue nell’articolo la citazione di due studi “rassicuranti” sui cellulari: quello danese che ha analizzato 2,9 milioni di persone che hanno usato i cellulari per almeno 11 anni e che non ha mostrato un aumento della probabilità di ammalarsi di un tipo di tumore benigno, lo schwannome vestibolare, e un altro studio del 2011 condotto sempre in Danimarca che non ha trovato alcuna correlazione tra l’insorgenza di glioma, un tumore cerebrale, e la zona del cervello maggiormente esposta al campo elettromagnetico del cellulare.

Per chi conosce la letteratura medica, in realtà, queste conclusioni sono del tutto controverse perché si tratta di studi con falle nell’impostazione della raccolta dei dati e perché sono condotti da medici con conflitti di interessi, cioè che fanno ricerca con i fondi dell’industria.

Lo stesso articolo conclude con un curioso invito: “Passate la notizia: non c’è alcuna prova conclusiva che i cellulari causino tumori cerebrali.”

Il NY Daily News[2] punta, invece, l’attenzione sul fatto che a causare il tumore, secondo la Crow, sarebbero stati i vecchi modelli di cellulari. Titola, infatti così: “Sheryl Crow ritiene che il suo tumore cerebrale benigno sia stato causato dai ‘vecchi modelli arcaici di cellulari’ ” e sottotitola che l’attrice aveva avuto già un cancro al seno nel 2006. Questa specificazione sul tumore al seno suggerisce, a mio avviso, che la Crow è tutto sommato una persona sfortunata e che, quindi, i cellulari non hanno alcuna responsabilità con l’insorgenza del suo tumore cerebrale.

Soltanto l’Huffington Post[3], un quotidiano online noto per le sue posizioni critiche e più indipendenti rispetto ai grandi media, cita l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, afferente all’Organizzazione Mondiale di Sanità, che nel maggio 2011 ha classificato la radiofrequenza, cioè il campo elettromagnetico emesso dal cellulare, come “possibile cancerogeno di classe 2B”. L’articolo spiega che fanno parte di questa classificazione il piombo, i gas di scarico, il DDT e il cloroformio e che gli studi sulla cancerogenicità dei cellulari sono controversi e non conclusivi.

E’ evidente che gli organi di stampa hanno un’enorme responsabilità nell’informare correttamente l’opinione pubblica del rischio che si corre usando i cellulari, ma esiste un conflitto di interessi “strutturale” che impone ai mezzi di comunicazione di tenere conto degli interessi degli inserzionisti, cioè di chi vende dispostivi e servizi di telecomunicazioni. D’altra parte questa stessa  industria dei cellulari finanzia la ricerca scientifica e pubblicazioni mediche tramite fondazioni che, nonostante dovrebbero essere dotate di sistemi di protezione e mascheramento per garantire l’indipendenza del lavoro dei ricercatori, di fatto però producono sempre conclusioni rassicuranti.

Una coincidenza?

Ai cittadini non resta altro che scegliere tra due opzioni: fidarsi o esercitare una sana capacità di dubitare.